Ordinazioni Diaconali Basilica di San Giovanni in Laterano: omelia Cardinal Vicario Angelo De Donatis, 26 novembre 2023

Cristo è risorto dai morti!
L’annuncio centrale della nostra fede è al cuore della liturgia di questa ultima
domenica dell’anno liturgico, in cui celebriamo Gesù Cristo, Re dell’Universo. Il Vangelo
appena ascoltato si colloca all’apice del capitolo 25 di Matteo: il Re-Pastore che ci giudica
con amore e sull’amore, è lo stesso Sposo atteso dalle vergini sapienti e l’Uomo che, partito
per un viaggio, aveva affidato i suoi talenti ai servi.
Gesù è il centro, il Risorto che ha annientato l’ultimo nemico: la morte. Oggi questa
celebrazione ci parla di vita vera, di vita piena, di vita eterna, di gioia infinita.
Dio voglia che un giorno, incrociando il nostro sguardo, Egli possa dire anche a noi:
“Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete l’eredità preparata per voi”.
Qualche domenica fa lo stesso Matteo ci aveva anticipato il senso di questa gioia
infinita, presentando il Regno come un banchetto nuziale e regale. Ricordate… gli ospiti
avevano rifiutato l’invito; allora il re aveva chiesto ai servi di andare ai crocicchi delle
strade per prendere tutti, cattivi e buoni e farli entrare alla Festa.
Quell’invito non si è esaurito: ancora oggi il Signore vuole servi pronti a partire.
Per questo è veramente bello oggi celebrare il nostro Re facendogli il regalo di sette nuovi
diaconi, come i primi diaconi della storia, chiamati a regnare con Lui, servendo con Lui.
Oggi la Chiesa di Roma è in festa, con tutti i diaconi della diocesi, le vostre parrocchie, le
vostre spose e le vostre famiglie: sì, carissimi Giorgio, Giovanni, Massimo, Mauro,
Riccardo, Roberto, Walter, oggi siete resi servi per aiutare la Chiesa a preparare l’eredità
promessa, la sala del banchetto, la festa dello Splendore eterno.
Ma – ci chiediamo – come siete arrivati qui? Penso alla vostra vita di qualche anno
fa, sicuramente già piena, tra famiglia, figli, genitori, amici, lavoro, impegni in comunità.
Una vita come quella di tanti, nel susseguirsi dei momenti, dalla sveglia al mattino per poi
uscire al lavoro, sommersi nella frenesia del traffico cittadino e dell’impegno quotidiano
per tornare la sera con le gioie e i pesi della giornata trascorsa.
Eppure, insieme a questo, il sorgere in voi di un amore più forte e la scoperta
dell’Amore infinito di Dio… il gusto della preghiera, la disponibilità generosa in
parrocchia, la bellezza delle relazioni e delle amicizie. Fino a quando qualcuno (o
qualcosa) leggendo tra le righe del vostro servizio – vi ha messo nella mente e nel cuore
la parola ‘diaconato’. Forse è stata una timida comparsa, forse c’è stato inizialmente un
rifiuto, poi un crescente stupore di un “fuoco” dentro, che vi spingeva non solo a fare
qualche servizio in più, ma a trasformare la vita in servizio. Con l’aiuto dei vostri sacerdoti
e con il cammino formativo proposto, anche in anni non facili, tra pandemia e
cambiamenti, Dio è rimasto fedele e vi ha sempre più allargato il cuore.
Oggi siete qui, tra lo stupore di tutti, perché Dio vuole che la vostra esistenza
ricordi alla Chiesa che ogni cristiano è chiamato a servire. Ascoltate cosa dice il Re: egli
si identifica nel fratello più piccolo, l’affamato, l’assetato, lo straniero, il nudo, il malato,
il carcerato. Ci attende in loro, anche nel più semplice atto di carità, per riservarci la
Bellezza del Suo volto. Il senso profondo della diaconia sta qui: Dio invita a nozze
l’umanità e, in questo contesto di festa, voi siete chiamati a far entrare i poveri. Avrete la
cura di aiutare il Pastore a cercare e condurre ogni pecora: quella perduta, quella smarrita,
quella ferita o quella malata, anche nei giorni nuvolosi e di caligine. E quando, nel
giudizio, ci ritroveremo di fronte a Dio, coloro che avranno sperimentato la vostra carità,
vi presenteranno a Lui, facendovi entrare nelle dimore eterne.
Questo ministero può sembrare strano. Qualcuno vi chiederà se siete “mezzi preti”
o se vi pagano per far questo. Qualcun altro troverà particolare vedervi con il camice
accanto al sacerdote o sentirvi proclamare il Vangelo. Per noi non sarà strano, a meno che
non cadiate nella tentazione di servirvi delle persone piuttosto che servire le persone, o
di aggiudicarvi un posto per farvi notare dagli altri per ricevere consensi. Per quel che vi
conosco e che mi è stato detto di voi, so che queste tentazioni non vi appartengono.
Piuttosto risplenda la generosità, la discrezione, la gentilezza, la sincera volontà di
camminare e di lavorare insieme con i parroci e con la comunità, ricordando che il
diacono è ministro dell’unità e della comunione. Condividendo la stessa vita della gente
dei vostri quartieri, o nell’ambiente di lavoro, testimonierete cosa significa essere una
Chiesa accogliente, che non chiude le porte a nessuno.
Se qualcuno vi prenderà come modelli, siatelo per la virtù dell’umiltà e di quel
servizio fraterno che è la legge fondamentale della comunità cristiana.
Sant’Ambrogio diceva che i diaconi sono le “sentinelle nella notte del mondo”,
capaci di attendere con pazienza l’alba, di prevedere le occasioni favorevoli e di fiutare i
pericoli. Per questo, prima di ogni diaconia è necessaria la fede nel dono che state per
ricevere dall’alto. Vi auguro di conservare lungo tutta la vita il senso della sorpresa, dello
stupore, della meraviglia per questo dono che ha carattere permanente, per l’amore di Dio
che vi avvolge e vi plasma. Da soli non potete far nulla, ma con il Signore, buon pastore,
non mancherete di nulla. Fatevi uditori attenti della Parola prima di proclamarla agli altri.
Siate innamorati dell’Eucaristia, per indicarla come centro della comunità; fedeli alla
Liturgia delle Ore per santificare il tempo con la preghiera.
Accanto a voi ci sono le vostre spose, che hanno seguito il vostro cammino con la
preghiera, la vicinanza e forse con tanta trepidazione. Ricordate che se accanto ai grandi
uomini della storia ci sono sempre state delle grandi donne, voi sarete altrettanto grandi
nell’amore se saprete ascoltare la voce di Dio attraverso la voce della vostra sposa, il suo
Amore attraverso l’amore familiare, fatto di concretezza, di correzione, di tenerezza e di
ascolto. Anche il sacramento del matrimonio da oggi in poi si arricchisce di sfumature
inaspettate e di una sorprendente e nuova fecondità.

Da oggi voi potrete benedire con le vostre mani. Mi piace pensare che non darete
solo una benedizione, ma diventerete benedizione nella carità.
Scegliete come modello di servizio la vergine Maria, Regina accanto al Re, Serva
accanto al Servo, che vi esorta con le parole di Cana: “Fate quello che vi dirà!”.